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Lettere a Lucilio

Questo libro è un chiaro esempio di come i classici riescano ad adattarsi ad ogni tempo: ogni suggerimento, ogni invito che Seneca rivolge al destinatario delle sue lettere, Lucilio, può essere adattato alla nostra vita quotidiana; ogni esempio che l'autore sfrutta per esortarci a ricercare la virtù può essere considerato attuale e indipendente dal contesto in cui è applicato, sia esso il foro romano ai tempi dell'impero oppure la società dei giorni nostri. Secondo Seneca, la vera filosofia, cioè la ricerca della saggezza, non può essere limitata a un'élite di persone, poiché tutta l'umanità è soggetta a problemi simili tra loro: a partire dalla paura di morire, all'avidità, dalla ricerca di amicizia, alla sofferenza e la sfortuna. Egli quindi predica a favore della consapevolezza che questi problemi possono affliggere tutti; bisogna abituarsi all'idea di morire (come sostiene nella famosa lettera in cui afferma il concetto di “cotidie morimur”), all'idea che potremmo avere un colpo di sfortuna, poiché nessuno è esente da questi mali. L'autore afferma che: “Non è felice l'uomo che è considerato tale dal volgo, colui che è venuto in possesso di grandi ricchezze, ma chi ha ogni suo bene chiuso nel proprio animo, l'uomo retto e magnanimo che calpesta le cose ammirate dagli altri, che non trova nessuno con cui vorrebbe cambiarsi, che apprezza nell'uomo solo quelle qualità per le quali è uomo, che segue gli insegnamenti della natura, ne accetta le leggi e vive com'essa prescrive; colui a cui nessuna violenza riesce a strappare i beni che ha”. Sicuramente Egli ha vissuto diversi momenti difficili, che spiegano il suo pensiero (per esempio quando, dopo essere divenuto famoso oratore ai tempi di Tiberio, cadde in disgrazia finendo anche esule in Corsica) e quest’opera è probabilmente un insieme di riflessioni di un Seneca vecchio, ormai fuori dalla vita politica, che medita sui mali propri ed altrui; infatti egli conclude ogni lettera con una sentenza, in modo tale da offrire uno spunto per riflettere. Una cosa che colpisce molto è che tanti aspetti di saggezza che l'autore ci dispensa tramite queste “epistulae” non sono sempre stati il marchio principale della sua vita; infatti egli ha avuto moltissime responsabilità per avvenimenti negativi, che vanno contro ai principi e agli inviti a ricercare la virtù, sostenuti invece in queste pagine. Nonostante ciò io ho trovato quest'opera molto piacevole da leggere e, benché in qualche misura impegnativa (resta comunque un classico “di spessore”), per nulla pesante o noiosa. Un invito alla riflessione sulle problematiche umane, espresso con parole semplici ed estraneo a sofismi e retorica, che può essere accolto anche dai lettori meno accaniti, o da chi non apprezza i saggi filosofici. La tecnica dell'epistolario, che spezza spesso la narrazione, tra una lettera e l'altra, rende al lettore più piacevole il libro, in quanto quest'ultimo può essere letto in un qualsiasi momento, poiché non richiede molto tempo. Basta infatti una manciata di minuti per leggere una, due, o tre “epistulae”, migliorarsi la giornata, ottenere un insegnamento e avere uno spunto su cui riflettere senza affannarsi per non aver finito un capitolo. Samuele Lotter, III B, a.s. 2013-2014

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