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Canone inverso

Vienna al tramonto del secolo scorso. Un distinto signore di età ormai matura acquista all’asta un violino, un raffinato strumento, probabilmente un ultimo esemplare Steiner. Contemporaneamente un altro uomo, uno scrittore particolarmente interessato allo strumento, offre una lauta somma al nuovo proprietario in cambio del violino. L’anziano signore rifiuta l’offerta e chiede spiegazioni. Comincia così il racconto del curioso scrittore. Tutto ha inizio in un’osteria, dove lo scrittore conosce Jeno Varga, violinista ambulante, dotato di uno straordinario talento. Il suo repertorio vastissimo non si addice ad uno sconosciuto dilettante, quale invece è, avvezzo ad esibirsi ai bordi della strada, davanti ad un pubblico da marciapiede. Lo scrittore, attratto dall’artista, gli pone alcune domande sulla sua vita e carriera. Tra i due uomini si intreccia un dialogo, fatto di interrogativi e risposte e di sussurrati perché. I ricordi della vita del violinista si dipanano lungo le righe di un pentagramma, quando entrò al collegium musicum, nicchia per promettenti musicisti, destinati al successo. Qui conosce un coetaneo, un certo Kuno Blau, giovane dotato, appartenente all’aristocrazia, che invita Jeno al suo castello per trascorrere l’estate insieme. Jeno viene a conoscenza di vecchie storie di famiglia, come quella del Barone Gustav Blau, misteriosamente scomparso ed identificato in un cadavere trovato qualche tempo dopo. In quella stessa estate si consuma, però, anche l’amicizia tra i due giovani a causa di alcuni tratti violenti del carattere di Kuno. Qualche mese dopo, infatti, a Vienna, Jeno è costretto a consegnare a un funzionario di polizia il suo violino, perché denunciato da Kuno di averlo rubato alla famiglia Blau. Lo scrittore e il violinista continuano il loro dialogo e alla fine il violinista invita il conoscente ad andare a trovarlo al suo paese, ma quando lo scrittore vi si reca, altro non trova che la sua lapide con inciso il nome dell’artista, deceduto molti anni prima. Il racconto dello scrittore termina così, lasciando l’anziano signore senza risposta ai suoi perché. Perché tutto questo interesse per il suo violino? E chi è costui che gli ha raccontato questa storia? E perché quella lapide riportava il nome di Jeno morto anni or sono? Il mistero viene svelato alla fine del romanzo. L’anziano signore altro non è che il Barone Gustav Blau, erroneamente identificato nella salma di un altro uomo deceduto. In verità lui era fuggito segretamente per pene d’amore, lasciandosi alle spalle la famiglia e le sue nobili origini. Viene successivamente informato, come ultimo discendente della dinastia dei Bau, che il nipote Kuno è morto dopo anni strazianti trascorsi in un istituto psichiatrico. Il giovane soffriva di schizofrenia e sdoppiamento della personalità. Aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita suonando lungo le strade sotto il falso nome di Jeno Varga. La sua follia aveva oramai raggiunto il massimo del delirio e quel dotato violinista, che lo scrittore aveva conosciuto, altro non era che il giovane Kuno.

Al centro del racconto un violino, uno strumento attorno al quale ruotano le vite, i sogni, le sconfitte, le passioni dei personaggi di una storia misteriosa e sorprendente. Un violino che viene rubato e gelosamente custodito, che vibra tra le dita di due musicisti dotati e che finisce tra le mani di un anziano signore, ignaro della gelosia che ha scatenato le corde di quello strumento. Per Jeno quel violino è il custode di tutti i suoi sogni, la speranza di una vita di musicista, il riscatto di un’esistenza mediocre, un successo da dedicare al padre mai conosciuto. Per Kuno quel violino è la scintilla che scatena la sua follia. E’ come se si misurasse con l‘amico e ne temesse la bravura e le sue doti; è come se mettesse in dubbio le sue qualità di musicista. Kuno riesce ad emergere soltanto schiacciando il suo amico, strappandogli dalle mani quel violino, tanto agognato, ma forse senza una vera ragione. Forse quel violino non ha neppure le caratteristiche per essere così desiderato, ma è soltanto la chiave della follia di Kuno. Per Jeno, invece, quel violino accresce la sua passione per la musica, è il custode delle sue speranze. L’amore per la musica e per il violino, quel violino, si manifestano fin dall’infanzia e segnano l’intera esistenza del ragazzo. Punito da un destino avverso e forse soffocato dal suo stesso talento, il giovane Jeno muore senza lasciare traccia di sé nel mondo della musica. Parallela scorre, invece, la vita di Kuno, unito a Jeno, dapprima da una forte amicizia, laceratasi, poi, forse a causa dell’insorgere della sua infermità mentale. Eppure la fine dell’amicizia tra i due giovani non cancella il ricordo in Kuno del suo ex amico Jeno. Anzi, ne assorbe completamente la memoria al punto di sdoppiare la sua malata personalità e vivere a fasi alterne l’esistenza di entrambi. Ecco, quindi, il vero Kuno e subito dopo il falso Jeno. Due personalità diverse ma accostate dalla passione per la musica, due estrazioni sociali agli antipodi, ma legati sempre da quello stesso violino. I due giovani alla fine del racconto muoiono, mentre il violino rimane ancora in circolazione. Con i giovani soccombono le angherie e ingiustizie della vita, trionfano la passione, le ambizioni, la musica. Quella stessa musica, che ha accompagnato i due ragazzi lungo tutta la trama del racconto, diventa, però, in qualche modo, una forza oscura e tenebrosa, che conduce a una sorta di schiavitù e di delirio, per cui lo stesso Kuno affermerà che “i musicisti sono la stirpe di Caino”.
Silvia Luka, classe II B, a.s. 2013-2014

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