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La pulcella senza pulcellaggio

La pulcella senza pulcellaggio è un romanzo ambientato nella Bologna del IX secolo e racconta la vicenda amorosa di Serafino, studente di giurisprudenza, e Berenice . Serafino è un ragazzotto abbastanza ingenuo e inesperto, che proviene dal paese della Faggiola (nel romanzo Panzini fa riferimento ad Ubaldo della Faggiola, personaggio citato da Dante nella Divina Commedia). Invece Berenice è una giovane non sposata e senza dote, che ha la particolarità di non avere più il pulcellaggio (la verginità). Infatti la ragazza viene mantenuta da un ricco proprietario terriero di Bologna chiamato Rombòn, con il quale ha avuto anche relazioni amorose. Una sera al “circolo della stella danzante” Serafino e Berenice si incontrano. Il giovane rimane subito colpito dalla bellezza e dalla sensualità della ragazza vestita con un abito nero. Decide di accompagnarla a casa e a poco a poco tra i due nasce una storia d'amore nonostante Serafino sia già promesso sposo di Fannì, la figlia di Gerolmino sindaco della Faggiola. Così l'amante di Serafino si trasferisce nell'appartamento dello studente di giurisprudenza e la loro è una storia d'amore assolutamente passionale tanto che Serafino ha subito un cambiamento, e sente di vivere una felicità mai provata. A questo punto della narrazione vengono messe in contrapposizione le due figure maschili importanti per Berenice. Da una parte Serafino, con il suo amore passione portatore di momenti di infinita felicità e di passione (caratterizzati da riferimenti letterari: ad esempio Serafino recita in latino all'amata il carme di Catullo “ Da mihi basia mille deinde centum” ). Dall'altra c'è la figura misteriosa e certo non passionale del conte Rombòn; ma a lui Berenice è fortemente legata sentimentalmente tanto da riconoscerlo quasi come una presenza rassicurante, per certi aspetti paterna. Un giorno però viene a Bologna il sindaco della Faggiola, futuro suocero di Serafino per la scadenza di una cambiale stipulata con il conte Rombòn; contemporaneamente giunge la notizia che il conte si è suicidato misteriosamente e che la cambiale non è nemmeno valida per la mancanza di una girata (questo elemento viene identificato dallo studente di giurisprudenza, che evidenzia come il sindaco della Faggiola sia stato così facilmente ingannato ). Non appena Berenice scopre che il conte si è ucciso, cade nella disperazione e chiede all'amante di scappare con lei, ma dal momento che Serafino rifiuta la proposta, in preda allo sconforto Berenice si suicida vicino alla tomba del conte. Infine Serafino torna alla Faggiola, sposa Fannì e diventa il nuovo sindaco del paese; tuttavia non potrà mai dimenticare l'amata pulcella senza pulcellaggio. Il linguaggio: Il romanzo è scritto con semplicità e la lettura pertanto è assai scorrevole. Il linguaggio usato non è complicato anche se mostra una evidente lontananza dal nostro gusto attuale. Vi si trovano accostate parole latine e parole dialettali in una sintassi ricca di subordinate e di sfarzi linguistici. Infine l’autore usa moltissimi riferimenti letterari, citando ad esempio: -l'Inferno di Dante per quanto riguarda il nome del paese della Faggiola, paese in cui nacque Uguccione, figlio di Rinieri ( “ a Rinier da Corneto, a Rinier pazzo, \ che fecero alle strade tanta guerra \” Dante XII Iinferno, vv 137, 138 ). -Il quinto carme di Catullo. - “I fiori del male” di Boudelaire. - La vicenda c’amore di Abelardo e Eloisa. - Il romanzo“Nanà” di Zola. Vi è inoltre un evidente compiacimento nel citare motti classici in lingua originale (ad es. “Veni, vidi, vici”), magari comicamente modificati (è il caso dell’esclamazione di Cesare “Tu quoque, Seraphine, fili mi!” frase pronunciata dal prete quando aveva scoperto Serafino ancora ragazzino attentare al “pulcellaggio” di una servetta). Analisi di un personaggio. Berenice. Berenice è il personaggio che maggiormente colpisce per il velo di mistero che la avvolge. Essa è bellissima, ed è definita come la “ stella di Venere che luceva sopra l'oriente, così grande, così scintillante, così incomparabile “. Vi si ritrova dunque un richiamo alla Chioma di Berenice del poeta ellenistico Callimaco, in cui viene celebra la figura della regina d'Egitto omonima della nostra protagonista. Nel primo incontro tra i due innamorati Serafino rimane estasiato dalla visione della ragazza che balla con molti uomini. Inoltre Serafino è affascinato dalla misteriosità della ragazza, e questo elemento viene messo in luce anche dall'abito nero che ella porta. Sembra che l’autore voglia utilizzare questo colore per evocare un elemento negativo e oscuro. In realtà il mistero sarà presto scoperto: Beatrice non è più vergine ed è stata mantenuta dal ricco Rombòn. Al mistero, che caratterizza la figura di Berenice, si può accostare l'impulsività. In varie occasioni ella agisce d'impulso e non a caso finirà per suicidarsi. Tuttavia è necessario evidenziare che mentre nella storia con il conte Rombòn la ragazza è assolutamente sottomessa, nella storia d'amore con Serafino essa diventa una donna attiva, che agisce impulsivamente e “ sottomette “ sul piano amoroso il giovane studente di giurisprudenza. Un altro elemento che emerge dal romanzo è la leggerezza che Panzini usa nel descriverla. Berenice rispecchia la tipologia di donna fuori dagli schemi: una ragazza desiderata da molti e che ha perso la verginità. E' l'unica di cui non si capiscono molto bene i sentimenti e i pensieri infatti rimane sempre una figura avvolta nel mistero anche psicologicamente. Solo a seguito delle sue azioni impulsive perciò si possono percepire i suoi veri stati d'animo. Per esempio alla conclusione del romanzo si potrà comprendere che Berenice in un certo senso provava ancora qualcosa per Rombòn. Il lettore rimane così perplesso di fronte alla sua azione : lei sembrerebbe essersi uccisa in seguito al suicidio del suo ex amante; ma la perplessità del lettore deriva dal fatto che nel corso del romanzo non era mai stato accennato un qualche sentimento per il ricco conte che le aveva tolto il “pulcellaggio”. Marta Duello, III B, a.s. 2012-2013

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