Il bambino che sognava la fine del mondo: un titolo inquietante adatto alla narrazione intrisa di paure e di angosce, che Antonio Scurati ci propone in questa sua opera.
La vicenda si svolge a Bergamo, dove un professore universitario, che insegna comunicazione, si scontra con alcuni fatti di cronaca: nella città del Nord Italia, si sono verificate delle atroci violenze, anche di tipo sessuale, su bambini della scuola Rodi (di Bergamo), da parte di alcune maestre, di un sacerdote e di alcuni suoi "colleghi". Lo scandalo viene portato alla luce dalla madre di una bambina che riporta i racconti e i disegni fatti dalla figlia.
Inizialmente controvoglia, poi in modo quasi ossessivo, il protagonista, che scopriamo essere un giornalista, indagherà sui fatti, avvicinandosi a vittime e ad aguzzini, cercando di porre fine alle paure e alle ansie che rapidamente si erano diffuse tra la cittadinanza, se non in tutta Italia.
Cercando di combattere questo mostro "dalle molte teste, e tutte incappucciate", con un linguaggio ricercato e, talvolta, a mio parere, esageratamente complicato, Scurati ci pone davanti ad un problema che, purtroppo, ancora oggi è vastamente diffuso: la pedofilia.
In modo sottile ma abbastanza esplicito, l'autore ci pone davanti ad una verità nella quale continuiamo ad inciampare, senza mai rendercene realmente conto: con grande superficialità, ogni notizia viene trasformata da questa società consumistica in un puro e semplice chiacchiericcio. "Una città intera sarebbe stata presto inghiottita nella vescica dentata della diceria, del gossip, del pettegolezzo".
Senza dare importanza alla gravità delle situazioni, i giornali, i mass media si concentrano maggiormente su ciò che farà scalpore, su ciò che potrà attirare l'attenzione, creando titoli basati su citazione inventate, ma d'effetto, invece di preoccuparsi di fornire ai loro ascoltatori, facilmente influenzabili, la verità, una spiegazione.
Siamo una popolazione soggetta ad una "colonizzazione mentale", troppo facile da suggestionare, da manipolare. Così quello che succede ad uno, succede a tutti. Ciò che pensa uno, pensano tutti. Dando carta bianca all'immagine di una società priva di fondamenti e di valori, Scurati descrive un mondo in cui la ricerca della verità si basa solamente sulle apparenze, senza bisogno di cercare un significato più profondo, più fondato, ci si accontenta di ciò che ci viene offerto dal mondo della televisione, "..confidando sempre più nelle onnipresenti tecnologie della visione per ricevere sollievo dalle proprie paure."
Così ci si ritrova ad essere degli spettatori passivi di ciò che ci viene mostrato, senza chiedere perché, senza dubitare della verificabilità di quelle parole. Ci ritroviamo ad essere "vittime passive" di un male che è radicato in questo mondo. Un male dal quale tentiamo in tutti i modi di scappare, che fingiamo di non vedere fino a che non ci viene sbattuto in faccia con una violenza inaudita: solo allora ci accorgiamo che questa paura, questo Male con la M maiuscola, che traspare tra le parole stese da Scurati, è un mostro interno. Interno alle nostre case, alle nostre famiglie, a noi stessi. Ma la verità è dura da accettare, perché se fosse così, se quegli incubi che tormentano i bambini non fossero qualcosa di lontano, di esterno, come potremmo noi sfuggirgli, se realmente fosse radicato nella parte più profonda di noi, e costantemente in agguato?
Con grande capacità, lo scrittore ci spiega come, una volta venuto a galla, una volta divenuto certezza, il male diventi un' ossessione. "Da quel momento in avanti ogni segno sarà sintomo, ogni disagio abuso, ogni attesa presagio".
La notte diventa angoscia, ombre, sospiri e non più riposo e tranquillità.
La nostra esistenza si riempie di angosce. La notte dorme con un occhio aperto.
Perché? Perché siamo incapaci di distinguerci, di prendere in mano la situazione. Così le immagini del volto di uno stupratore di un bambino di Verona, verranno presto sostituite da quelle del pedofilo alle cui sevizie è stata sottoposta, due giorni dopo, una bambina di Napoli. Notizie che in poco tempo fanno il giro del mondo grazie alle tecnologie, non so più se giustamente o no. Infatti, questa violenza che circola, alimenta le menti contorte di persone malate, spinte anche dall'assenza di provvedimenti da parte di un governo che si limita a guardare, impotente. Come si può vivere tranquilli e in una sensazione di sicurezza in un paese che istiga la violenza sessuale, affermando che "uno stupro di gruppo non è un reato punibile con il carcere"? Il grande sviluppo e progresso di cui ci vantiamo dove finisce quando la cassazione annulla una condanna per violenza sessuale, considerando la ragazza consenziente dato che indossava i jeans, "indumento non sfaldabile senza la fattiva collaborazione di chi lo indossa"?
Leggendo le antologie, ho avuto l'impressione che l'autore trovasse le continue "ricerche" della madre, se così si possono definire, per trovare i colpevoli e risalire alla realtà dei fatti, quasi inutili ed eccessive. Non so cosa volesse realmente intendere, probabilmente ho frainteso io il significato di alcuni passaggi, cosa che non escludo, ma non posso nemmeno scartare la possibilità che abbia voluto descrivere il punto vista di un'ipotetica persona. Sono sicura infatti che ci siano individui che considerino la lotta contro il male quasi esagerata. Ci tengo ad esprimere il mio assoluto dissenso. Bisogna combattere la violenza. Bisogna annullare completamente la crudeltà che, oramai, è sempre più diffusa nel mondo.
Non bisogna più tacere questi orrori. Il rapporto tra violenze denunciate e quelle tenute nascoste, soffocate tra paure e minacce, non può continuare ad essere uno a dieci. Bisogna urlare per i propri diritti, per la propria libertà, per la propria anima.
Sconvolgente, a mio avviso, la conclusione, nella quale Scurati ci costringe ancora una volta ad affrontare la realtà. Noi abbiamo bisogno del male. Sentiamo quest'immotivata necessità di trovarci faccia a faccia con esso per riuscire finalmente a sentirci vivi, come se riuscissimo a vedere il bene della nostra vita solo dopo aver attraversato i più profondi abissi del dolore.
"Per un attimo, vedendo il sangue sulle sue mutandine, le era sembrato che se Margherita fosse stata vittima di qualcosa di terribile l'avrebbe amata di più, sarebbe stato più facile volerle bene, starle accanto."
In poche righe, con la sua grande capacità già mostratasi ne il sopravvissuto, Scurati descrive il buio delle nostre vite. Quella parte egoista del nostro essere che lasciamo costantemente nell'ombra dell'invidia e dell'avidità. Ripeto: noi abbiamo bisogno del male. Come se esso fosse in grado di darci delle spiegazioni, un motivo per andare avanti. Come se l'unico scopo della nostra vita fosse quello di raccogliere i pezzi della nostra anima lacerata, Antonio Scurati ci descrivere come persone alla costante ricerca di un qualcosa che le distrugga, per avere un punto poi, da cui ripartire.
Sofia Erlicher, I B, a.s. 2011-2012
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