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Il bambino che sognava la fine del mondo

Il bambino che sognava la fine del mondo di A. SCURATI

In questo romanzo, l'autore tratta il tema della pedofilia da molti punti di vista, e soprattutto riflette e fa riflettere a proposito degli scandali in generale, della loro diffusione, delle loro conseguenze sulla collettività.
Nel racconto, la pedofilia viene definita dai sedicenti esperti “epidemia del terzo millennio”; secondo le indagini, almeno un giovane su sei sarebbe stato vittima di abusi nell'infanzia o nell'adolescenza, ai giorni nostri: un “boom” di pedofilia. Il fenomeno sembra essere analizzato con un distacco, una freddezza paradossali, come se fosse una statistica qualsiasi. Probabilmente, avendo a che fare con dati così precisi e minuziosi ci si sente estranei alla situazione: a Bergamo, infatti, non è tutto limpido, nulla potrebbe essere riferito sotto forma di grandi numeri. Le accuse dei crimini sono basate su testimonianze, senza prove scientifiche, in più l'abuso di minore si rivela “in forma mascherata”, ha sintomi comunissimi. Ciò provoca tra i genitori dei bambini delle scuole indagate un preoccupante allarmismo, che di lì a poco riesce a contagiare tutta la città, poi l'Italia intera.
Il clima di angoscia, l'ansia che i propri figli possano venire a contatto con l'orrore del mondo adulto, suscita negli adulti una puerile, irrazionale paura, che li spinge a vedere gli indagati come mostri o orchi (è probabile che si alluda proprio a queste figure dell'infanzia per un inconscio richiamo a quell'età). La società appare composta da bambini-adulti e da adulti-bambini. A questo punto l'accusa ed il sospetto diventano certezza: l'opinione pubblica è assolutamente “irreversibile”, i colpevoli – ormai considerati sicuramente tali – sono denigrati e diventano il capro espiatorio di ogni male. Su di loro si svuota l'intero serbatoio della rabbia causata dal terrore, generato dalle voci allarmate e dalle dicerie. Questa è la fase in cui si ipotizzano i più disparati moventi dei “mostri”: i crimini vengono associati ad estremismi religiosi o a sette clandestine, al profano, al Diavolo





stesso. Si dà il via all'immaginazione, ai pregiudizi, ai cliché su chi appare “diverso”; si creano presupposti al fine di attaccare gli immigrati. Eppure, come dimostra Scurati verso la conclusione del libro, spesso alla base di tutto ciò c'è semplicemente una storia inventata, frutto di problemi esterni alle vicende, frustrazione, invidia, alimentata dal fatto che “La gente pensa sempre al peggio”.
Oltre a questo importante argomento, è inserito nella storia anche il problema dei mass-media, già trattato nel romanzo “Il sopravvissuto”. La diffusione mediatica degli argomenti di cronaca nera dovrebbe esistere a scopo informativo, eppure giornali e televisioni non fanno altro che disseminare il panico per ottenere vendite e ascolti. Cosa non meno importante, infine, è l'idea che la delicata infanzia sia un periodo che ci vede estremamente vulnerabili. Con il mutare della società, il cambiare dei valori, il diversificarsi degli stili di vita, non bisogna trascurare l'influenza che ogni azione ha sulla fragilità di un bambino.

Barecchia Marina, IB, a.s. 2011-2012

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