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Pseudolus

Capelli rossi,panciuto grossi polpacci,occhi vivaci,faccia rubiconda e piedi enormi. E’ questo l’aspetto di Pseudolus, protagonista dell’omonima commedia di Titus Maccus Plautus composta nel 191 ac in occasione dei Ludi Megalenses in onore della dea Cibale( 4/10 luglio). Ricca di riferimenti alla vita quotidiana romana questa palliata (ambientata ad Atene) vede una vicenda letteralmente dominata dal servus (Pseudolus). Egli infatti per liberare Fenicia, amante di Calidoro, il suo padroncino, promessa dal lenone Ballione ad un militare macedone per 20 mine, ordisce una lunga e intricata serie di inganni. Aggira il servo del soldato, scommette con il senex, ma si identifica anche con il poeta in un chiaro esempio di meta teatro. Come il poeta dal nulla inventa una vicenda cosi egli troverà il denaro necessario per liberare Fenicia. Pseudolus, nome parlante, deriva dal verbo greco πσεΰδομαι (pseudomai), “fingere” e si riferisce proprio alla sua predisposizione per beffe, truffe e menzogne. Questo nome compare anche nell’argumentum, qui acrostico: infatti leggendo le iniziali dei versi in verticale si ha”PSEUDOLUS”. La comicità di quest’opera è dovuta in buona parte al linguaggio usato da Plauto, il quale accosta lessico quotidiano, lessico ricercato, parole per metà greche e per metà latine, neologismi, grecismi, giochi di parole, superlativi iperbolici, doppi sensi e battute beffarde. Inoltre in questa come nelle altre commedie di Plauto a noi giunte (ovvero le 21 che Varrone nel De comoediis Plautinis attesta come originali) c’è una forte accentuazione caricaturale (quasi un’esasperazione) di caratteristiche e difetti dei personaggi. Sta proprio qui la grandezza di Plauto che nello Pseudolus, una delle sue opere più riuscite, propone una vicenda divertente, appassionante e incredibilmente inverosimile in cui ridicolizza senza pietà ogni personaggio. Benedetta Favaro, I B, a.s. 2011-2012

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