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Casina

Casina di Tito Maccio Plauto
Una delle ultime commedie di Tito Maccio Plauto, autore latino del III secolo a.C., è la Casina, incentrata sulle vicende amorose di un padre e di un figlio, entrambi innamorati della stessa fanciulla, appunto Casina (che, tradotto, potrebbe significare “La ragazza dal profumo di cannella oppure “La fanciulla del caso”).
Quest’opera fu rappresentata per la prima volta dopo il 186 a.C., in quanto, al suo interno, si trova un’ allusione alla repressione dello “scandalo dei Baccanali”, avvenuto appunto in quella data.
Il testo pervenutoci risale ad una ripresa dell’opera in seguito alla morte dell’autore, come testimoniano i versi del prologo in cui si afferma che la commedia che sta per essere messa in scena , essendo antica, è conosciuta dai più vecchi, per l’immediato ed eccezionale successo delle prime rappresentazioni, mentre ai giovani è ancora ignota: è proprio a questi che si vuole far conoscere una delle più strepitose e divertenti “antiquae comoediae” plautine.
La Casina narra di un senex, Lisidamo, e di suo figlio, l’adulescens Eutinico, che si contendono la bella Casina, una giovane schiava abbandonata ancora in fasce e allevata da Cleostrata, ostinata matrona moglie di Lisidamo e madre di Eutinico.
“Nunc sibi uterque contra legiones parat paterque filiusque clam alter alterum” cioè “Ed ecco che tutti e due, padre e figlio, di nascosto l’uno dall’altro, si procurano dei rinforzi”: proprio come avviene in guerra, sia il padre che il figlio infatti studiano le strategie per avere la meglio nella conquista della fanciulla .
Lisidamo corrompe Olimpione, il suo fedele vilicus, perché sposi Casina; Eutinco fa lo stesso con il valido aiuto del suo armigero Calino.
Ma questi sono solo dei pretesti: in realtà Lisidamo vuole avere il diritto di trascorrere la prima notte di nozze con Casina, in onore del suo matrimonio con Olimpione; probabilmente le intenzioni dell’ adulescens sono analoghe, ma c’è una differenza sostanziale in quanto il senex dovrebbe essere il rigido “pater familias”, che onora la propria famiglia e che si impone come guida ed esempio da seguire. Ma come avviene di norma nel farsesco o, come afferma Maurizio Bettini, nel teatro “carnevalesco” di Plauto, le situazioni sono rovesciate, capovolte: ecco che il senex diventa un ridicolo e grottesco concorrente e rivale del figlio in vicende amorose. Allora Lisidamo manda il figlio all’estero e Cleostrata, accortasi dell’innamoramento del marito, si schiera con Eutinico, prendendo le parti dello scudiero Calino.
Dopo una tipica gara di insulti tra Olimpione e Calino, la commedia si focalizza su Lisidamo e Cleostrata: quello afferma che Olimpione sarebbe adatto a sposare Casina, mentre Cleostrata sostiene che la cura delle schiave spetti a lei.
Decidono infine di risolvere la contesa con un sorteggio (di qui il nome originale della commedia, “Sortientes”): in questa divertente scena, che si conclude a favore di Lisidamo e Olimpione, il senex incorre in numerosi lapsus (oggi li definiremmo “freudiani”), che lasciano trasparire il suo esagerato interessamento al matrimonio di Casina.
A questo punto avviene la svolta che porterà, grazie ad un “climax” sempre più incalzante, alla grandiosa beffa finale: Calino, origliando una conversazione tra il senex e il vilicus, riferisce del loro inaudito piano a Cleostrata.
E l’astuta matrona, con l’aiuto dell’ancella Pardalisca e dell’amica Mirrina, ordisce un incredibile inganno: sostituisce a Casina.. lo scudiero Calino!
Olimpione e Lisidamo, convinti di aver avuto la meglio, si ritrovano beffati: l’ordine poi si ristabilisce, Lisidamo si riappacifica con la moglie, e, con un’”agnitio” che avviene “post factum” e non è rappresentata, si scopre che Casina non era altri che la figlia di Alcesimo, senex complice di Lisidamo e suo vicino di casa: scoprendo che era di nascita libera, può legittimamente sposare Eutinico: la commedia si conclude con un’ultima gustosa battuta (“due mi hanno preso per moglie e nessuno dei due mi ha saputo fare quel che si fa a una sposa novella”) e con una richiesta di applausi, ancora una volta scherzosa e spiritosa.
Questa commedia rispecchia la tipica trama plautina, ponendo l’accento non sulla fabula, che spesso risulta confusa o non troppo coerente, bensì sull’ “abbattimento della quarta parete”, quella cioè che si crea tra pubblico e palcoscenico: infatti Plauto spezza l’illusione scenica, instaurando un diretto contatto con il pubblico, e dimostrando chiaramente che ciò che viene rappresentato è pura finzione.
Nella Casina, si ritrovano numerosi esempi di metateatro, come quando nelle scene finali, Lisidamo, pauroso di affrontare la moglie chiede se non vi sia qualcuno nel pubblico che possa sostituirlo: ecco quindi che il personaggio svela il proprio ruolo e si mostra pronto a diventare contemporaneamente attore e spettatore, coinvolgendo il pubblico in una maniera mai vista prima delle straordinarie commedie plautine, di cui anche l’eccezionale Casina fa parte.

Marie Sophie Mourguet, I B, a.s. 2011-2012

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