Antonio Scurati, Il bambino che sognava la fine del mondo
Commento dei brani antologici
Una voce prima.
Poi un’altra e un’altra ancora.
Una reazione a catena.
Una “colonizzazione mentale”.
Forse con un fondo di verità, forse no.
L’accanimento morboso dei genitori che osservano ossessivamente i propri bambini tentando di vedere, di scoprire qualcosa che non c’è, lo zelo fanatico degli psicologi che elencano miliardi di criteri diagnostici, di sintomi per riconoscere i bambini violentati, sulla base dei quali qualsiasi bambino sarebbe vittima di abusi.
Un mondo cieco, demenziale che si aggrappa con tutte le proprie forze ad angosciati conciliaboli, a frenetici passaparola, a dicerie, tante, troppe, meglio se non verificabili.
E’ cosi che Antonio Scurati mette in luce l’insidioso tema della pedofilia.
Degli atti terribili, inaccettabili, impensabili. Quelli che rovinano una persona per sempre, quelli che chi ha subito si porta dietro per tutta la vita, come una cicatrice invisibile che non consente di essere totalmente sereni.
Già, atti orripilanti; se compiuti davvero.
Perché a volte, come si racconta anche in Il bambino che sognava la fine del mondo, tutto questo sdegno, queste accuse , questi “mostri” nascono da accuse infondate che proprio per questa loro caratteristica si gonfiano, si modificano, vengono modellate a piacere da chi le trasmette. E cosi, assolutamente inverosimili, vengono credute.
L’autore descrive una società marcia, che agisce contro ogni logica.
L’ansia, il panico crescente, l’autoconvinzione. Tutto alimentato dai mass media che contribuiscono a infondere il timore tra la gente, forti della fiducia che questa ripone nei mezzi di comunicazione di massa.
Ma questa società malata sembra avere anche una caratteristica particolare, quella di pensare sempre al peggio;è un desiderio, forse quasi una necessità. Si aspetta solo che qualcuno scagli la prima pietra.
C’è una sorta di piacere sottile e perverso nel rendersi conto che non si prova più una sensazione vaga di oscura minaccia, perché il Male è diventato una certezza. E ci si diverte, come in un gioco, nel cercare di dare un nome e un volto al questo Male.
Ed è ancora più appassionante questo passatempo proprio per il tipo particolare di vittima,di testimone: i bambini.
I bambini inventano. Spesso sono cosi furbi da dire agli adulti ciò che si vogliono sentir dire.
E gli adulti sono cosi presi dal desiderio demenziale di scovare il Male e di vederlo ovunque che non se ne accorgono.
E forse, leggendo di tutto questo e sdegnandocene, presteremo più attenzione a ciò che ci circonda.
Benedetta Favaro IB, a.s. 2011-2012
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