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Parlamento de Ruzante

Angelo Beolco detto Ruzante, Parlamento de Ruzante che l’era vegnù de campo


L’ opera non può essere considerata una vera e propria commedia, per via della semplicità del “plot” e per il limitato numero di personaggi (ossia quattro); viene dunque definita un dialogo. Ruzante ne scrisse un secondo, noto con il titolo di Bilora

Trama
Il Parlamento de Ruzante che l’era vegnù de campo ha una trama piuttosto semplice: Ruzante, un ruspante contadino proveniente dalla campagna padovana, che, appena tornato dalla guerra (Beolco ci fa ironicamente intendere la sua diserzione) è intento a recuperare la moglie Gnua, spinta dalla fame e dalla vita travagliata che aveva trascorso con Ruzante, a scappare e a congiungersi con un altro uomo che vive a Venezia.
Quindi l’incipit è costituito da una scena in cui solo Ruzante parla, specificando la sua provenienza (la guerra) e verificando effettivamente di essere vivo, e le sue intenzione, ovvero “il darci dentro con la sua Gnua”. Quivi incontra il suo compare Menato, con cui inizia una grottesca conversazione sulla sua esperienza guerresca, spacciando i suoi atti di codardia per atti di eroismo. Quindi i due si dirigono verso la casa del nuovo compagno di Gnua, e trovano quest’ultima, che fa notare a Ruzante, in maniera molto venale, quanto male viveva con lui perché era perennemente senza soldi, e inoltre gli fa notare che non è molto credibile come reduce di guerra in quanto illeso (con un rimando a quanto gli aveva fatto notare prima Menato). Di fronte al reiterato rifiuto della donna, Ruzante cerca di portarsela via con la forza, ma viene violentemente picchiato da un bravo del nuovo compagno di Gnua. Al suo risveglio c’è un ultimo gustoso dialogo con Menato, nel quale Ruzante tenta di spacciare al compare che a picchiarlo siano stati in cento e più, pur sapendo che Menato aveva assistito al pestaggio. Il divertimento di questa scena è costituito in gran parte dal contrasto che c’è tra le narrazioni (false e inventate) che Ruzante aveva fatto a Menato subito dopo il loro incontro (ovvero che lui poteva picchiare quante persone voleva, e in guerra aveva fatto strage di nemici) e la cruda realtà che, dopo il pestaggio, Menato gli fa notare; una realtà alla quale Ruzante tenta di replicare con patetiche scuse e considerazioni.

Analisi del personaggio: Ruzante
L’ unico personaggio che è possibile inquadrare in quest’opera è Ruzante: è l’unico che ha una personalità strutturata. Questa personalità è farsesca, bugiarda, codarda ma allo stesso tempo superba, desiderosa di far conoscere agli altri le sue (false) gesta, pronta a pavoneggiarsi di virtù che non possiede e non ha mai posseduto. Persino davanti a un palese “sbugiardamento” continua a cercare pateticamente delle ragioni logiche per le quali non poteva essere che così, e non è colpa sua, semmai è la situazione che è sfavorevole. A questi aspetti si uniscono quelli di un contadino grezzo e non avvezzo alle regole formali del mondo, una persona che fatica, o dovrebbe faticare, e realmente non è colpa sua se il denaro manca; un contadino che prova un onesto e sincero dispiacere di fronte al rifiuto di Gnua, che però si risolve subito in un ridicolo scatto d’ orgoglio. Gnua in fondo non fa che dire la verità: gli fa notare che era sempre squattrinato, che non si campa di solo affetto e gli fa perfino notare la sua codardia e la sua pigrizia. Ruzante comunque non perde mai le sue caratteristiche comiche, ben spalleggiato da Menato.


Matteo Campagnol, II B

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