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Il Gattopardo

La vicenda è ambientata in Sicilia, in particolare a Palermo e nelle ville di S. Lorenzo e di Donnafugata, dal maggio 1860 al maggio 1910, con una separazione di vent’anni tra gli ultimi due capitoli. Il romanzo inizia con la recita del rosario in casa Salina, la villa di S. Lorenzo, dove il principe don Fabrizio viveva con la moglie Maria Stella e i suoi sette figli. Quella sera, prima di cena, passeggiando nell’ampio giardino, il principe si perse in veri pensieri che lo tormentavano, come il ritrovamento, avvenuto qualche mese prima, del cadavere di un soldato oppure il recente incontro con il re. Dopo cena, preso da un impeto di passione, don Fabrizio si diresse a Palermo dalla sua amante Mariannina. Il giorno seguente don Fabrizio incontrò Tancredi Falconeri, suo nipote e pupillo, il quale lo mise al corrente della sua intenzione di unirsi ai garibaldini e combattere con loro. Nonostante l’iniziale disapprovazione del Principe, quest’ultimo poi si lasciò sopraffare dal suo affetto per il nipote e lo lasciò andare. Dopo aver parlato coll’amministratore e aver discusso con padre Pirrone dell’avventura immorale della sera precedente e dei nuovi cambiamenti politici, il Principe pranzò con la famiglia. Nel pomeriggio fu avvisato dello sbarco dei garibaldini a Palermo, tuttavia non si allontanò dalla villa. Solo nell’agosto successivo si trasferì con tutta la famiglia nella villa di Donnafugata, la residenza estiva. Nel frattempo Tancredi e Concetta, una delle figlie di don Fabrizio, avevano cominciato a frequentarsi e tutto lasciava presupporre un fidanzamento. Tuttavia, arrivati a Donnafugata, la famiglia Salina fece conoscenza della bella figlia del sindaco don Calogero Sedara, Angelica, di cui subito Tancredi s’innamorò. Concetta allora, insospettitasi, cominciò a trattarlo aspramente, provando un certo risentimento nei suoi confronti. Qualche mese dopo a Donnafugata ci fu il Plebiscito per votare l’annessione della Sicilia al Regno di Sardegna e, sebbene in seguito si dimostrò che era stato truccato, fu unanime il voto affermativo. Al Principe piaceva passare le giornate a caccia con un suo servo di fiducia, don Ciccio Tumeo, il quale un giorno prese a raccontargli del sindaco e della sua famiglia, in particolare della moglie, che in realtà non aveva mai visto: venne così a sapere delle origini molto umili e anche poco decorose della madre di Angelica, ma pur sapendo questo, diede il suo consenso quando Tancredi gli scrisse che voleva sposare la figlia. Però, dato che Tancredi era via a causa del suo servizio militare, il Principe Fabrizio dovette chiedere in sua vece la mano di Angelica al padre. Così il fidanzamento fu fatto. Il mese successivo, Tancredi tornò a Donnafugata in compagnia di un suo caro amico, il conte Carlo Cavriaghi, il quale aveva spesso mostrato attenzioni per Concetta, la quale però, ancora innamorata del cugino, non corrispondeva. Nell’enorme palazzo di Donnafugata, Tancredi e Angelica si divertivano spesso a rincorrersi tra le varie stanze vuote, tuttavia preservando onesto sempre il loro fidanzamento. Qualche giorno dopo, una sera arrivò a Donnafugata un funzionario piemontese, il cavaliere Chevalley, che era stato incaricato di informare il Principe di Salina che il Re gli avrebbe concesso la carica di senatore del Regno, qualora la accettasse. Tuttavia don Fabrizio, ormai legato al vecchio regime e poco desideroso di immischiarsi in politica, rifiutò garbatamente e consigliò invece il nome di Calogero Sedara per la carica. Nel frattempo padre Pirrone andò a trovare i suoi familiari nel suo paesino natale. Qui riuscì a risolvere i problemi della nipote, che era rimasta incinta con un lontano cugino di famiglia, con cui però i genitori non avevano buoni rapporti, facendo concludere tutto con il loro matrimonio. L’anno seguente, nel novembre del 1862, la famiglia Salina fu invitata al ballo dei Ponteleone, vecchi amici di famiglia, dove Angelica sarebbe stata introdotta in società. Tra lo strepito generale di uomini, donne, danze e conversazioni, don Fabrizio si sentì per un attimo sperduto e gli parve di sentirsi mancare. Si ritirò allora nella biblioteca principale, dove si mise ad osservare attentamente un quadro che ritraeva un anziano sul letto di morte. Si perdette così in varie considerazioni riguardo a sé e alla propria condizione, finché non fu interrotto Tancredi e Angelica, la quale gli chiese se potesse ballare un valzer con lei. Il loro ballo attirò l’ammirazione di tutti gli astanti. Dopo di che, la serata passò tranquilla tra altri balli e discussioni. Così passarono gli anni, fin quando nel luglio del 1883, don Fabrizio Corbera, Principe di Salina non si spense in una camera d’albergo a Palermo, di ritorno da un viaggio a Napoli. Nel maggio 1910, le tre figlie Concetta, Carolina e Caterina furono costrette a far analizzare le reliquie della propria cappella di famiglia e eliminare quelle false. Infine ritiratasi nella sua stanza, Concetta si fermò a contemplare per un momento il passato, provando prima nostalgia, poi rassegnazione per il modo in cui la sua vita si era svolta. Commento In questo libro ciò che spicca maggiormente, e caratterizza inoltre il romanzo, è quell’alone di decadenza che l’autore ha voluto conferirgli, quasi a simboleggiare la fine irrimediabile di un’epoca, e soprattutto attraverso essa delinea l’essenza della classe nobiliare di fine Ottocento. Sebbene sia scritto un secolo dopo gli anni narrati nel romanzo, l’autore descrive ugualmente con grande realismo la vicenda e l’ambientazione. Anche il modo di suddividere la storia in capitoli che corrispondono a determinati periodi di tempo, non aiuta solo ad avere un senso complessivo dello svolgimento della vicenda, ma anche a focalizzarsi sui protagonisti in ogni momento della loro vita. Per tutto il romanzo si segue la vita del principe Fabrizio, eppure il libro non termina con la sua morte, ma con un ultimo sguardo sulla sua “discendenza”, vent’anni dopo la sua morte, quasi a sottolineare maggiormente la netta differenza tra la generazione del Principe e quella dei figli. Di fronte al finale del romanzo si può rimanere un po’ perplessi, anche se in fin dei conti è in un certo senso rivelatore. Il romanzo infatti si conclude con un ultimo dettaglio riguardante la vita di Concetta, rimasta ormai (ma forse lo è sempre stata) la vera e unica erede dei Salina: ella ha saputo mantenere alto e degno il nome della sua famiglia, come suo padre prima di lei. Nelle ultime pagine veniamo a conoscenza di un particolare sottile ma molto significativo per i personaggi coinvolti: Tancredi aveva amato veramente Concetta, e, chissà, se lei non si fosse chiusa in quella gelosia orgogliosa, forse Tancredi avrebbe lasciato la bellezza di Angelica, per la tenerezza e la purezza di Concetta, a cui lui era tanto affezionato. Il libro termina, dopo tale elucidazione, con una finale riconciliazione di Concetta con il proprio passato, decisa ormai di accettare rassegnata il modo in cui si sono svolti i fatti, lasciando dunque al finale un retrogusto vagamente amaro, che sottolinea maggiormente quell’atmosfera decadente che ha percorso tutto il romanzo. Per quanto riguarda i personaggi, indubbiamente il protagonista si rivela essere don Fabrizio, nonostante anche Tancredi e Angelica abbiano un certo rilievo nel corso della narrazione. In questo caso, l’unico vero e proprio antagonista può essere considerata la Storia che si sussegue e va avanti comunque, travolgendo l’umanità con avvenimenti politici e cambiamenti sociali. È quest’ondata di novità (l’arrivo dei Garibaldini, l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia) che mette allo sbaraglio don Fabrizio, il quale comincia allora a riflettere sulla propria esistenza e sull’effetto che la Storia sta avendo su di essa, portandolo spesso a dei momenti di depressione: guardandosi intorno nota che la semplice successione dei fatti nel suo mondo nobiliare faccia capire come di fatto quel mondo sia abbandonato a se stesso, destinato a concludersi grazie semplicemente alla forza d’inerzia della Storia che va avanti da sola. Sono tutti personaggi a sé stanti, tutto ciò che fanno nasce dalle proprie intenzioni o perché spinti dalle varie situazioni che la Storia (a volte intesa quasi come Fato) pone loro davanti, ed ognuno agisce di conseguenza. Eppure scorrendo tutto il romanzo si fa quasi fatica a trovare un personaggio veramente positivo: anche il principe Fabrizio ha i suoi lati negativi, e pure la coppia Tancredi-Angelica, in cui si spera di trovare il vero amore, alla fine ci si rende conto che non sono sinceri l’uno con l’altra. Lo stile è lineare e scorrevole, anche se a volte si ha l’impressione che venga appesantito dall’autore, caricando ancora una volta quel senso di decadenza del romanzo. Il narratore è esterno, ed essendo a conoscenza degli avvenimenti di tutti i personaggi, spesso dà al lettore qualche anticipazione, anche se implicita, del modo in cui si sarebbero svolti i fatti. Nel corso del romanzo si trovano molti riferimenti all’Orlando furioso di Ariosto: i nomi dei due giovani innamorati, Tancredi e Angelica, l’entrata “abbagliante” di Angelica per la prima volta in casa Salina, il gioco amoroso tra i due giovani attraverso il labirinto di corridoi e stanze di un’ala abbandonata del palazzo, sono tutti richiami al mondo magico, ma pure spesso ingannevole, dell’Ariosto. Rispetto al grande film omonimo di Luchino Visconti del 1963, si possono riscontrare alcune differenze riguardo ai tempi dei fatti che non corrispondono con quelli del libro, date soprattutto dai limiti effettivi della durata di un film, oppure la scelta di terminare il film con la scena del ballo che non corrisponde alla fine del libro; tuttavia il regista ha saputo perfettamente ridare alla pellicola tutto ciò che era caratteristico del romanzo, e tra la scelta di un ottimo cast, dell’ambientazione e dei costumi adatti, l’essenza della vicenda è stata fatta sapientemente rivivere.

Maria Pirvu, III BO, a.s. 2015-2016

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